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Lettera aperta

LETTERA APERTA

Leggo con notevole amarezza ed altrettanto disagio quanto scritto e pubblicato da Catena Mattioli su un “social network” (il tutto ovviamente da verificare anche se non ho nessun motivo per credere che non sia vero, anzi…). Circostanze del genere concorrono a dare un’immagine negativa della sanità in genere e della nostra professione in modo particolare, oltre e soprattutto ledono i diritti di chi ha bisogno di assistenza. Siamo tutti a conoscenza delle notevoli difficoltà che attanagliano la sanità italiana con ripercussioni sul personale, strutture e quant’altro. Ma ciò non dà nessuna giustificazione a quanto descritto. E’ chiaro che in una situazione del genere devono essere approfondite e verificate le circostanze e trovate le responsabilità finendo col colpire in maniera esemplare le figure interessate. Io non conosco i dettagli dell’accaduto ne l’Unità Operativa interessata ma sicuramente una attenta verifica va fatta e questo è un invito rivolto al Direttore Generale dell’Asp n. 7 di Ragusa.

Le competenze infermieristiche scaturiscono da tre grandi cardini: il profilo professionale (D.M. 739/94), gli ordinamenti didattici e dal Codice Deontologico.

Il profilo professionale individua come unica figura responsabile dell’assistenza infermieristica generale l’infermiere e nessun altro, l’igiene del paziente allettato con patologie defedanti, o in pazienti sottoposti a interventi chirurgici che presentano un post operatorio delicato (posizionamento drenaggi vari, ecc…) e potrei continuare con tanti altri esempi, devono essere attenzionati da professionisti dell’assistenza competenti e preparati, e se è pur vero che è nata la figura dell’OSS (personale di supporto all’infermiere – badate bene di “supporto” e non di “sostituzione”) e altrettanto vero che tale figura risulta numericamente alquanto inidonea o addirittura assente in diverse realtà di degenza. Ricordate bene cari colleghi che l’infermiere può delegare alcune competenze all’OSS, ma la responsabilità rimane all’infermiere.

In molte realtà dove queste figure mancano non si può ignorare l’igiene del paziente delegandola ai parenti o peggio alle “badanti”. Io non voglio intervenire in maniera accusatoria senza prima essere a conoscenza “ufficiale” dell’accaduto questo sicuramente è compito del Direttore Generale dell’Asp di Ragusa che, bontà Sua, se vorrà al termine della verifica farà conoscere al Collegio IPASVI di Ragusa i risultati.

Invito sempre i colleghi ad agire oltre che con coscienza anche rispettando il codice deontologico che piaccia o no è alla base della condotta etica e morale della nostra professione:

Articolo 35

L’infermiere presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al termine della vita all’assistito, riconoscendo l’importanza della palliazione e del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale.

Articolo 48

L’infermiere, ai diversi livelli di responsabilita’, di fronte a carenze o disservizi provvede a darne comunicazione ai responsabili professionali della struttura in cui opera o a cui afferisce il proprio assistito.

Articolo 49

L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale.

F.to

Gaetano Monsù Presidente Collegio IPASVI di Ragusa

Quanto pubblicato sarà spedito in via ufficiale al Direttore Generale dell’ASP n. 7 di Ragusa.

 

La lettera in questione: autrice Catena Mattioli pubblicata al sottostante link

https://www.facebook.com/groups/civesragusa/permalink/10152934628445527/

Modello organizzativo “self-service”
Ho il piacere di portare a conoscenza dei colleghi ,che in qualche reparto di uno degli ospedali della nostra provincia, si sta mettendo in atto un nuovo modello organizzativo- assistenziale veramente innovativo ,che cerca di integrare l’assistenza domiciliare con quella ospedaliera mirando all’indipendenza e autonomia del paziente , ma soprattutto del caregever, ossia il familiare che se ne dovrà prendere cura, fornendo a questo la possibilità di formarsi durante la degenza del parente attraverso un’assistenza “self service” .
Il modello richiede pochissime risorse umane , forse uno spreco di risorse materiali , ma solo iniziali, fino a quando non si riuscirà a far capire al famigliare di ri-usare gli stessi presidi (es , guanti) o tenere più a lungo il pannolone , per evitare appunto sprechi, e rispondere ai requisiti di economicità ed efficienza.
Vi posso assicurare che basta veramente poco, visto con i mie occhi, un carrello con tutto il materiale necessario posizionato nel corridoio di reparto, ogni familiare si fornisce liberamente di guanti, garze , traverse, lenzuola ecc ecc, e provvede spontaneamente all’igiene del familiare malato,al cambio del pannolone , al cambio lenzuola , e se apprende con facilità o ha un minimo di esperienza anche al cambio posturale o al cambio sacchetto urine .
Tutto nel rispetto della sicurezza del paziente, della qualità assistenziale, prevenzione dei rischi , e soprattutto della infezioni ospedaliere. Scatenando tra l’altro una gara di solidarietà , perche si sa, da buoni compagni di stanza ,ci si aiuta a vicenda.
Scusate l’ironia , ma è giusto per non piangere.
In tanti anni di studio e tanti bla bla bla , mi è stato insegnato che l’infermieristica è un lavoro estremamente complicato, implica abilità tecniche, manuali, relazionali, conoscenze formative , un grande investimento emotivo che ti permette di capire “ l’altro”, e un numero indefinito di altre qualità.
Uno status professionale, che richiede formazione universitaria, un corpo unico di conoscenze , una profondità e ampiezza del focus assistenziale.
Fa veramente male vedere invece, colleghi frustrati e demotivati , che usano come unica arma, quella di scaricare questa frustrazione sulla persona che invece dovrebbero assistere e curare.
Tutte le ragioni del mondo, è facile fare i piani di rientro in questo modo, passando sulla dignità professionale dei dipendenti, e sulla dignità umana delle persone assistite .
Mio papa ha 80 anni, ha lavorato una vita lontano da casa , dalla moglie e dalle figlie che non ha avuto la gioia di crescere perché sempre su una “nave”, come dicevamo noi da piccole , ha tutto il diritto , e con lui tutte le persone che hanno bisogno cure, di essere assistito da infermieri e medici premurosi e disponibili ,di essere assistito e curato senza vedere calpestata la propria dignità ,lasciato sporco e maleodorante in un letto per giorni,se non sono i familiari a provvedere.
Tutte le ragioni del mondo, tutta la rabbia che volete ma non verso il malato, non verso chi soffre.
Ma come sempre , la colpa non è degli infermieri, non è dei medici, neppure dei coordinatori , ne tanto meno dei manager o dei direttori sanitari , la colpa e sicuramente del paziente , la colpa è di mio papà che si è ammalato.

Comments:
  • claudio
    2 Luglio 2013 at 20:41

    Quanto emerso dalla denuncia della collega è veramente disagevole per tutta la comunità professionale, una comunità che si interroga, che si forma, che esce da un retaggio culturale che la vede ancora abbindolata al camice dei medici o a stereotipi della commedia sexi anni 70. Oggi gli infermieri, in particolar modo quelli siciliani e quindi anche ragusani stanno vivendo sulla loro pelle una scellerata idea politica della sanità fatta di risparmi, di blocco di assunzioni, di riduzione dei posti letto, di blocco del turn over, di blocco dei contratti, che vive giornalmente nelle corsie la famosa arte di arrangiarsi, dove a volte i pazienti sono di più dei posti letto assegnati e che comunque bisogna dare risposte a tutti e tutto dal Direttore Sanitario al Dirigente di struttura complessa, al coordinatore e ad una organizzazione di lavoro che non rispecchia i minimi dettami contrattuali, che vive in un retaggio culturale dove per qualcuno e meglio star zitto e non parlare, perché ci sono le visite da effettuare, il giro letti, gli ambulatori, i day hospital, i day surgery, i week surgery e alla fine delle parole e della conta siamo sempre gli stessi nei numeri ed impotenti nelle azioni.
    Bisogna uscire allo scoperto, bisogna denunciare agli organi preposti le gravi carenze in cui si opera, e vero che bisogna attenersi ad un codice etico e deontologico ma è altrettanto vero farsi rispettare come professionista ai vari livelli assistenziali, le aziende hanno visto sempre gli infermieri come una casella della turistica da riempiere e dei numeri, li hanno visti come un costo, oggi si cercano gli OSS, ma solo per dinamiche economiche non certamente come qualità assistenziali, e questo non si può accettare. Oggi bisogna far gruppo tutti insieme, parlare, discutere, proporre, mettersi in gioco e far vedere che ci siamo che non siamo solo dei numeri e che per noi il paziente viene prima delle istituzioni, ma alle istituzioni gridare che l’infermieristica e scienza come la medicina la matematica o la fisica e che nessuno si può atteggiare a dire che il paziente è un peso o un aggravio, perché dall’una e dall’altra parte (PAZIENTE/INFERMIERE) esiste un grande disagio pilotato dalle scellerate scelte aziendali e politiche che abbiamo subito.
    Claudio Trovato
    NurSind Ragusa

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